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Sono Franca Visentin neuropsicologa forense e psicoterapeuta, ho iniziato a collaborare con l’Umberto I° nel 2016, ma ho cominciato a lavorare con gli anziani già nel 2009 quando mi sono specializzata in Psicologia del Ciclo di Vita.
All’Umberto I° seguo sia persone con decadimento cognitivo sia persone lucide con discrete capacità funzionali: in generale, insieme alle altre figure professionali, mi occupo di favorire e promuovere il “ben-essere” e lo “stare bene” dei residenti.
Lo psicologo, nelle residenze per anziani, interviene con diverse competenze. La conoscenza delle abilità cognitive dell’anziano, delle eventuali difficoltà, ma soprattutto dei punti di forza, risulta di fondamentale importanza per stimolare nell’anziano una buona consapevolezza di sé, per ottenere una maggiore disponibilità alla convivenza in Struttura, alla relazione e comunicazione con gli altri residenti e con l’équipe.
Prettamente di competenza dello psicologo è la valutazione degli aspetti cognitivi (memoria, attenzione, ragionamento, linguaggio…) che possono essere investigati mediante l’uso di protocolli e strumenti diagnostici che consentano di programmare un intervento di sostegno e mantenimento delle abilità cognitive e relazionali, e al contempo di fornire uno spazio di aiuto ed ascolto per l’anziano. Nella valutazione degli aspetti legati al funzionamento cognitivo dell’anziano, è fondamentale prendere in considerazione anche lo stato di ben-essere dell’anziano, la sua soddisfazione di vita e aspetti definiti quali la motivazione e il senso di autoefficacia, poiché influenzano la possibilità della persona in generale e della persona anziana in particolare di padroneggiare, controllare l’ambiente e le situazioni e di sentirsi ancora competente ed efficace.
È compito dello psicologo strutturare quindi interventi con l’anziano finalizzati non solo al potenziamento cognitivo, ma anche alla ri-attivazione e al potenziamento attivo degli aspetti più strettamente emotivo motivazionali legati al benessere nell’anziano.
La parte di valutazione psico-diagnostica è importante ma oltre che della valutazione multidimensionale, mi occupo, assieme alle colleghe del servizio psicologico e agli altri professionisti dell’equipe, di gestire il rapporto con i familiari. Sempre più frequentemente le famiglie che si rivolgono alle residenze per anziani portano la prevaricante difficoltà di gestione di un familiare affetto da decadimento cognitivo, spesso accompagnato da comportamenti disturbanti di difficile gestione domestica.
In quest’ottica mi è stato assegnato l’incarico di seguire per la Struttura l’iniziativa “Ritroviamoci al Caffè” promossa dal Comune di Montebelluna: attività a sostegno ai famigliari di persone che soffrono di demenza. E’ un’iniziativa che offre uno spazio condotto da esperti in grado di fornire informazioni sulla malattia e la possibilità di condividere esperienze tra i famigliari di persone affette da queste patologie di tipo degenerativo.
Gli incontri hanno cadenza mensile, sono aperti, oltre che ai malati e ai familiari, a chiunque sia interessato ai temi trattati, agli operatori del settore ed ai volontari delle associazioni del territorio, sono ad ingresso libero e gratuito.
I Caffè Alzheimer si collocano all’interno della rete di servizi di presa in carico di persone affette da decadimento cognitivo lieve o moderato: sono luoghi sicuri dove i malati possono trovare, insieme ai propri familiari, conforto e supporto al vissuto di isolamento e di solitudine, che spesso emerge dopo aver ricevuto la diagnosi di malattia neurodegenerativa. Il Caffè Alzheimer è il luogo dove familiari e malati possono recarsi, acquisire conoscenze e strategie per meglio affrontare e gestire la malattia, condividere risultati e difficoltà, supportarsi vicendevolmente, trovare professionisti esperti con cui potersi confrontare. Un luogo, inoltre, dove poter esperire un sentimento di appartenenza e poter trovare riconoscimento ed accettazione (Miesen, 2004).
Tre gli obiettivi principali che, secondo l’ideatore olandese Bere Miesen, l’Alzheimer Caffè deve perseguire: fornire informazioni sugli aspetti medici e psicosociali della demenza; enfatizzare l’importanza del parlare liberamente dei problemi che il malato e la sua famiglia vivono nel quotidiano (riconoscimento e accettazione sociale); promuovere l’emancipazione delle persone con demenza e delle loro famiglie al fine di prevenire l’isolamento.
È una sfida continua in perpetuo divenire verso le comunità in cui opera la Struttura; l’iniziativa viene riproposta ogni anno con temi sempre nuovi perché la presenza sul territorio sia anche presenza concreta nel settore del sociale. Le problematiche legate all'inclusione e alla partecipazione nel territorio toccano direttamente le nostre comunità. A causa del disgregarsi dei vecchi modelli assistenziali, infatti, emergono nuovi gruppi a rischio di esclusione, fra i quali gli anziani.